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The reason for a project that was never performed: Alvar Aalto and the residential complex in Pavia (1966-68)

2015

This paper aims to analyze the characteristics of the project for the residential complex "Patrizia" in Pavia by Alvar Aalto (1966-1968). Although not realized, for political and economic reasons, the project offers an interesting example of urban planning in an “organic key”. In particular, this paper aims to contextualize the project of Aalto in the broader context of the residential building in Italy after World War II, when the problems of reconstruction and "home" are the heart of the debate on architecture. The project, in fact, takes place in the years immediately following the experiments of the social housing plan INA CASA (1949-63), which - with differences in design and architect…

Il presente contributo intende analizzare le caratteristiche del progetto di Alvar Aalto per il complesso residenziale “Patrizia” nella periferia S-O di Pavia ideato tra il 1966 e 1968. Sebbene non realizzato per motivazioni politico-economiche il progetto offre un interessante esempio di pianificazione urbana in chiave organica. Esso reinterpreta infatti le regole dell’insediamento storico pavese integrandosi nell’orografia della valle del fiume Ticino con un intervento a “scala umana” con una rete di percorsi pedonali verde attrezzato agricolo ed edifici ad anse regolari che seguono l’andamento delle curve di livello del luogo. In particolare questo contributo vuole contestualizzare il progetto di Aalto nel quadro più ampio dell’edilizia residenziale in Italia nel secondo dopoguerra quando il problema della ricostruzione e della “casa” sono il cuore del dibattito sull’architettura. Il progetto si colloca infatti negli anni immediatamente successivi alle sperimentazioni del piano sociale per l’edilizia pubblica INA CASA (1949-63) che con differenze progettuali e linguistiche variabili da regione a regione aveva comunque attinto molto dal neoempirismo scandinavo desumendo da quest’ultimo modelli insediativi tipologie edilizie e schemi distributivi interni alle abitazioni spesso però scadendo nel linguaggio vernacolare. Il quartiere “Patrizia” mostra rispetto agli esempi italiani un salto di qualità dovuto alla visione “organica” dell’architettura di Aalto e al suo approccio libero dai pregiudizi e dal “peso della storia” che gravava su tanti architetti italiani. Molti furono infatti gli oppositori al piano pavese che vedevano nel progetto di Aalto una minaccia per il centro storico di Pavia. Per analizzare il progetto ci si servirà quindi di due chiavi di lettura: una interna che ne descriverà le caratteristiche attraverso i disegni le relazioni scritte anche in rapporto ad altre opere del maestro finlandese e una esterna che contestualizzerà il progetto nel particolare momento storico italiano della ricostruzione post-bellica cercando anche di valutare gli apporti e l’influenza di Aalto sull’architettura italiana in particolare su alcuni protagonisti come Giancarlo De CarloSettore ICAR/18 - Storia Dell'Architettura
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Stato, rivoluzione e violenza simbolica. Una lettura à la Bourdieu dell’insorgenza cilena

2023

The essay is part of a book that aims to rediscover and enhance Pierre Bourdieu's contribution to the legal philosophy. Clelia Bartoli's paper takes up the French sociologist's theory of the State outlined during courses held at the College de France in 1989/1990 and 1990/1992. Bourdieu eschewed an intellectual fashion of his time that pushed historians, political scientists, lawyers and sociologists to examine the causes and reasons, evolutions and epilogues of revolutions, at the expense, however, of what is happening on the background: the dull, muffled and repetitive order of things. Bourdieu believed that permanence more than change, what is obvious more than what is eccentric, the ord…

Settore IUS/20 - Filosofia Del DirittoSettore SPS/11 - Sociologia Dei Fenomeni PoliticiSettore SPS/01 - Filosofia PoliticaIl saggio si inserisce in un volume che intende riscoprire e valorizzare il contributo di Pierre Bourdieu alla filosofia del diritto. Lo scritto di Clelia Bartoli riprende soprattutto la teoria dello Stato del sociologo francese delineata durante i corsi tenuti al College de France nel 1989/1990 e nel 1990/1992. Bourdieu ha rifuggito una moda intellettuale a lui coeva che spingeva storici politologi giuristi e sociologi a vagliarne cause e ragioni evoluzioni ed epiloghi delle rivoluzioni a discapito però di quanto accade sul fondale: lo scialbo ovattato e ripetitivo ordine delle cose. Bourdieu riteneva che dovesse stupire e meritare di essere spiegato fosse più la permanenza del mutamento l’ovvio più dell’eccentrico l’ordinario più straordinario. Tuttavia nel corso delle lezioni menzionate afferma che per provare nell’ardua impresa di pensare e comprendere lo Stato sia necessario guardare al momento della sua genesi o alle fasi di crisi come durante le rivoluzioni. È infatti in quei momenti che il potere simbolico di cui lo Stato ha il monopolio non è stabile e si presta ad essere osservato come frutto di un processo anziché nella sua ineluttabilità. Le categorie e l’approccio socioepistemico à la Bourdieu vengono adottate dalla Bartoli per leggere il caso dell’insorgenza cilena del 2019 e l’esordio del processo costituente.
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